Posted: Luglio 12th, 2012 | Author: donasonica | Filed under: live review | Tags: Abul mogard, Cupp cave, Dolphins into the future, elisa luu, half die festival, heroin in tahiti, Kaboom karavan, live in rome, Recover Band, rome estate 2012, rotterdam band, Tape loop orchestra | Commenti disabilitati su half die festival ovvero il roof concert
gli house concerts ormai non sono più una novità nemmeno in italia, e addirittura dal 1997 qualcuno fa anche meglio: un roof festival, nientedimeno.
La terrazza si chiama “Morpurgo Roof”, è nella zona tuscolana e dà sull’acquedotto che credo sia dell’ Aqua Marcia [ma non sono sicurissima, quindi se ne sapete di più, ditelo], il nome del roof viene da “Morpurgo Benerecetti” che sarebbe poi Gianni Rosace, un musicista [dal 1998 ha un progetto di musica elettronica che ha prodotto un po’ di album, ma non vi do il link del sito che non è mai stato veramente aperto!] di cui non si trova tantissimo in rete, ma che insomma ha avuto questa ideuzza semplice semplice che pure col cambio di casa, d’obbligo per chi vive a roma, è riuscito a continuare il suo progetto negli anni, con le 4 domeniche di luglio, in cui dal tramonto per un paio d’ore potete arrampicarvi su una scala a chiocciola e salire indisturbati sul tetto di casa sua.
Troverete gli strumenti, gente che si sistema, con stuoine e asciugamani [il tetto scotta sotto le chiappe dopo una giornata di sole lugliesco] birra o vino, patatine, macchine fotografiche, occhiali da sole, voglia di fare i fighi, ma anche di ascoltare cose nuove. fifty/fifty direi, almeno per quello che è passato durante la prima data di quest’anno sotto il mio sguardo.
La musica di questo live non era granché per i miei gusti, un paio di pezzi a testa e ne avevo già abbastanza, ma sono rimasta perché ho apprezzato il fatto che fosse pieno di gente, silenziosa [a parte qualche idiota qui e lì, ma ci può stare] tranquilla e rilassata.
Girovagando in cerca di notizie scopre che nel 2003 Digital Delicatessen e Monofase [di cui non vi do il link perché non più attivo] hanno seguito lo svolgimento del festival registrandolo e tirando fuori una sorta di documentario per raccontarne la storia e anche come viene vissuto dai protagonisti [che poi sono sempre i musicisti, che peraltro suonano gratis]. Purtroppo nulla a parte un piccolo trailer sul tubo, ho trovato del doc, ovviamente se qualcun* ha link, torrent o altro si facesse sentire.
Il festival è gratis, se trovi posto ti siedi, a terra, se hai da bere bevi, se non porti scarpe aperte è meglio [sul web tutti si chiedono il perché di questa “strana” richiesta, a me pare semplicemente una attenta precauzione perché è facile che qualcuno ti cammini sui piedi] e sopratutto per entrare non devi conoscere nessuno, non devi pagare alcun biglietto, non devi timbrare nessun cartellino, non devi dimostrare di essere questo o quelo [volutamente con una l].
Devo dire, visto il tema del mio blog, che non ci sono donne nel programma del 2012, e questo ci dispiace, più attenzione alla scena al femminile è necessaria, non ho trovato le line up degli anni passati per poter fare una media di presenze, come avrei voluto, so solo che l’anno scorso la talentuosa Elisa Luu ha suonato lì, quindi non parto con nessun rimprovero, almeno per ora. A proposito di Elisa Luu, vi segnalo il suo nuovo disco, uscito per la label australiana Hidden Shoal recordings, Un giorno sospeso, se ne volete assaggiare un po’ potete farlo qui, ma poi subito metteteci dentro qualche soldino.
‘Un Giorno Sospeso’ [Album] : Hidden Shoal Recordings Store
Insomma un progetto interessante, che mi piacerebbe riproporre in chiave diversa, cioè più vicina ai mie gusti e a quello che vi propongo di ascoltare/vedere/fare/baciare. Qualcuna vuole partecipare o ha una terrazza da mettere a disposizione, non necessariamente in quel di roma?
Queste le esibizioni sul roof per Half die festival, questo luglio 2012 [cercherò di aggiornare i giudizi, se riuscirò ad essere anche alle altre domeniche, ma non vi prometto niente]:
Rotterdam (Au) [alcuni spunti interessanti, soprattutto da parte della violoncellista, ma anche loro sembravano più proporre dei ridondanti e infiniti loop, che altro]
Heroin in Tahiti (It) [a mio giudizio figa l’idea di questo surf mortifero, il loro ep si intitola non a caso death surf, ma alla lunga troppo uguali]
Dolphins into the future (Be) dolphins-into-the-future-a
Recover Band (It)
Cupp cave (Be) cuppcave
Tape loop orchestra (Uk) tape-loop-orchestra-the-word
Kaboom karavan (Be) kaboom-karavan
Abul mogard (Srb) abul-mogard
Intanto qualche mia assolutamente velleitaria foto della serata, tanto per farvi capire che c’ero davvero, non ho raccolto notiziole a destra e a manca come fanno gli “articolisti” di giornali vari ed eventuali.
[grazie a pinna per la spiegazione su come inserire la gallery di flickr qui!]
later
Posted: Gennaio 7th, 2012 | Author: donasonica | Filed under: blogs e siti, lesbian life | Tags: best coast, donasonica, donne musica, grimes, musica indie, musica indie al femminile, st. vincent, tune yards, widowspeak, women's music, yuck | 2 Comments »
per fortuna, anche quest’anno, abbiamo superato indenni le “vacanze” natalizie.
mi auguro sia lo stesso per tutt* che mi leggete, e un po’ in ritardo rispetto a tutti i blog che si occupano di musica, come nostro solito, vi uploado la mia playlist del 2011.
mi piace ricordare che le mie scelte sono dedicate alla musica fatta da donne, così come i post di questo blog e la gran parte del lavoro che faccio e facciamo [sisterhood is blooming] e vi proponiamo anche radio con il nostro programma [che sarà in onda martedì prossimo 10 gennaio 2012, alle 22.00 circa e che potete sentire in streaming www.ondarossa.info], non è una separazione discriminante, ma una promozione mirata.
quest’anno molte delle artiste che mi appassionano sono uscite con dei nuovi lavori, alcuni molto interessanti come my brightest diamond, feist, alcuni esaltanti come st. vincent e laura marling altre piuttosto deludenti come ane brun, dalla quale mi aspettavo un big change, ma in tutt’altra direzione.
e grazie alla dea, abbiamo potuto conoscere o confermare tante altre artiste, di generi diversissimi tra loro, che non vediamo l’ora di andare a sentire live, nei prossimi mesi quando la primavera farà iniziare nuovi tour europei.
Non mi stancherò mai di dirvelo: le artiste che amate hanno bisogno di essere viste dal vivo, di riempire locali e sale, di vendere i loro dischi alla fine dei concerti, in poche parole di vedervi mentre fanno il loro lavoro, hanno bisogno di attenzione e calore.
Anche questa è sisterhood.
Qualche giorno fa, a cavallo tra l’anno vecchio e l’anno nuovo, ero ospite in un meraviglioso nuovo progetto della reginazabo che si chiama AdaLab uno spazio aperto in cui, ne sono sicura, troveranno un luogo dove esprimersi moltissime realtà al femminile, musicali e artistiche e con il quale spero si possa prestissimo fare qualcosa assieme.
In quei giorni si parlava di musica, tra le altre cose, e nel confrontarci ci siamo dette che spesso siamo ancora assai ignoranti noi donne, ascoltiamo un po’ a caso, ci formiamo un gusto troppo generico e approfondiamo poco.
Io trovo che molte artiste che fanno musica siano così strettamente influenzate da un approccio politico indipendente, alternativo, femminista e queer e che seguirle, promuoverle, conoscerle, è anch’esso un atto politico.
E’ anche un po’ la ragione che mi spinge a parlarvene qui, oltre al piacere della musica in sè.
E allora come buon proposito per il nuovo anno impegniamoci di più, ascoltiamo più musica di donne, cerchiamo di capire chi sono, come lavorano, cosa pensavano e come possono diventare la colonna sonora delle battaglie quotidiane che più ci rappresentano.
Nel mio piccolo, la playlist che segue è una proposta per tutt*.
ma sperando di fare una cosa gradita, vi segnalo anche i blog che danno la giusta attenzione [o sono dedicati] alla musica fatta da donne, così la prossima volta che ci incontriamo ne saprete più di me.
later.
i migliori album/ep del 2011
feist/metals
st vincent/strange mercy
tune-yards/whokill
wild flag/wild flag
EMA/past life martyed saints
laura marling/a creature i don’t know
austra/feel it break
yuck/yuck
lykke li/wounded rhymes
sound of rum/balance
MEN/talk about body
my brightest diamond/all things will unwind
Widowspeak, Widowspeak
best coast/summer is forever
se siete pigre e volete questa playlist, potete scaricarla qui
i migliori blog del 2011
http://gunillamixtapes.net
http://www.thegirlsare.com
http://theirbatedbreath.wordpress.com
http://electronicgirls.blogspot.com
http://www.eatingthebeats.com
Posted: Novembre 24th, 2011 | Author: donasonica | Filed under: clueless, live review | Tags: angelo mai, donasonica, live in rome, live roma, moby dick, musica indie al femminile, musica roma, my brightests diamond, onewomanshow, shara worden, silvia boschero | Commenti disabilitati su Shara Worden ovvero the biggest diamond
Lo scorso lunedì 21 novembre, l’Angelo Mai ha ospitato il live di My brightest diamond, e visto che c’ero anche io, colgo questa bella occasione per raccontarvi un po’ di lei, condividere con voi la sua musica e invitarvi a non perderla, se non c’eravate anche voi, la prossima volta che suona dalla vostre parti.
Shara Worden è una performer completa e di una qualità e un talento davvero rari.
Il suo progetto da solista, che si chiama appunto My Brightest diamond, comincia, almeno ufficialmente nel 2006, con l’album “Bring the workhorse” che svela immediatamente, al primo ascolto, il suo talento e la sua preparazione classica a livello musicale.
Shara ha studiato canto operistico, è cresciuta nel Michigan, in una famiglia di musicisti che suonavano in chiesa [da professionisti però], e la capacità di immaginare, scrivere, e arrangiare degli album complessi e stilisticamente “classici”, pure facendo musica folk-indie-electro-rock se proprio dobbiamo dare una definizione [ma pure classica, dark wave, pop cabaret], indubbiamente viene proprio da questa impostazione e da tali studi.
Negli anni ha collaborato con svariati musicisti, da Sufjan Stevens a Sarah Kirkland Snider, tanto per citarne due, ma ha fatto molto, molto altro.
La prima cosa che colpisce durante le sue performance non può che essere la sua straordinaria voce e il suo sorriso contagioso.
In questo tour almeno per le date europee, Shara è accompagnata solo da Brian Wolfe, batterista bravissimo che riesce tutto il tempo a completare degli arrangiamenti live molto scarni e immediati, senza quasi farsi notare.
Raro trovare un musicista che completi, in punta di piedi, l’idea esecutiva di ogni singolo pezzo.
Considerate che l’ultimo progetto, da cui ovviamente sono stati tratti la maggior parte dei brani del live, ossia “All things will unwind”, uscito ad Ottobre 2011 per la Asthmatic Kitty, è un album pensato e arrangiato con un sestetto niente affatto sconosciuto, ossia la Ymusic Ensemble.
Insomma, riproporre dal vivo in due, un album in cui suonano molto musicisti è ambizioso e super indie.
Con la sua solita chitarra, e poi un ukulele, un fender rhodes, una kalimba, piccoli sonagli attaccati ai polsi, e un autoharp [che non ha a che fare con l’arpa come suggerirebbe il nome e l’aspetto, ma è piuttosto della famiglia del dulcimer], Shara suona e danza per noi, aprendo co la sua performance, con il volto nascosto da una maschera creata per il progetto grafico di “All things will unwind” dall’artista Shoplifter [già, tra gli altri con Bjork per il progetto Medulla].
Shara è sempre solare, divertente e appare felice di esibirsi, mai tesa o nervosa, e il pubblico pure non numeroso, lo cattura dalla prima nota e col primo sguardo.
Insomma ormai sapete quanto io sia poco generosa in complimenti ed elogi, ma Shara coinvolge tutti, emoziona quando racconta dei testi e delle ispirazioni per le nuove composizioni, della nonna morta il giorno prima di compiere 100 anni [e che non voleva arrivarci] o di suo figlio e dell’esperienza di diventare una madre, della sua nuova casa a Detroit, e di come questa città in depressione e abbandonata a se stessa, le abbia ispirato molte atmosfere.
Altro cosa interessante è l’accento fortemente politico di molti testi di questo album, nonostante vengano posti in un modo leggero, ironico, non sempre immediatamente riconoscibile.
Con me c’erano due donne che non l’avevano mai vista live, una di loro addirittura non conosceva che i pochi pezzi che avevo avuto modo di farle ascoltare di tanto in tanto, tra un bicchiere di vino e una chiacchiera: sono rimasta incantate e rapite.
Almeno due a zero per Shara.
Questo non è il post di una critica musicale, di una pippera del music business o di una finta alternative che scrive solo su riviste underground [allo stesso prezzo di “grazia” e “chi” però, dove scrive articoli di moda e gossip sotto pseudonimo, anzi come di usa dire ora, con un monicker verosimile]: questo è il post di una pura e semplice fan, di un’appassionata di musica, che ascolta, guarda e compra molta più musica di quanta la maggior parte delle persone possa immaginare di fare; e che ringrazia per l’emozione e la gioia provata davanti ad una donna sorridente e minuta come Shara, gigante generosa.
p.s. potete ascoltare il podcast dell’intervista fatta da Silvia Boschero [che la dea ce la conservi sempre] a Shara nel programma Moby Dick, e farvi un’idea migliore di quello che sa fare live.
qui sotto troverete anche delle foto fatte da me, nessuna velleità fotografica, solo un’altra visione di quello che ho raccontato.
Posted: Settembre 9th, 2011 | Author: donasonica | Filed under: new release | Tags: a creature i don't know, album review, city slang, cooperative music, female artist, folk inglese, laura marling, moshi moshi, musiciste inglesi, uk female artist, wichita records | 2 Comments »
l’uscita del quarto album di Laura Marling [spesso i primi EP autoprodotti non si considerano tali, ma su onewomanshow non solo sono tali, ma pure fondamentali. Questo ve lo dico perché in giro troverete scritto 3 album] ha portato come si dice in gergo, alla ribalta del grande pubblico (puah!) la giovane cantautrice inglese.
Quest’anno, beata lei, compie 21 ed ha già un bel po’ di lavori all’attivo, tour in giro per il mondo, premi e critiche meravigliose fin da i suoi esordi.
Io personalmente, rimasi a suo tempo fulminata dal pezzo e poi dal video “night terror”, appunto contenuto nel primo EP autoprodotto da Laura, uscito nel 2007.
Si sa gli inglesi sono molto attenti alle loro piccole presunte perle [a volte esagerando e sfondandoci i timpani con band davvero oscene e inutili], ma nel caso di Laura di vera perla si tratta.
Prevalentemente, secondo me, per i seguenti motivi:
1) E’ giovane da fare schifo, il che non significa incertezza o immaturità nel suo caso, quanto piuttosto strafottenza e audacia.
2) E’ timida e umile che non guasta mai [che certi se la tirano che non hanno manco ancora prodotto un demo ascoltabile].
3) Ha talento, una voce intima, roca quanto basta, morbida quando serve, antica quasi.
Come quella di una nata già vecchia, se capite cosa intendo.
Nelle varie recensioni che trovate in giro [wiki compreso] viene paragonata a Regina Spektor o Lily Allen o Marta Wainwright: ecco secondo me non ha niente a che vedere ne vocalmente ne stilisticamente con queste altre artiste, piuttosto fa pensare ad una come Joni Mitchell [che potrebbe essere tranquillamente sua nonna].
4) Con gli anni e gli album sta migliorando, non perde colpi, non si perde in cerca di una presunta originalità o di uno stile più proprio, sembra abbia già chiaro in mente cosa vuole dire e come dirlo.
Abbastanza da comprarsi la discografia a prescindere, secondo me.
Laura racconta al Guardian che il nuovo album ha cominciato a pensarlo una volta finito il tour di “I speak because I can”, mentre si riposava, tra una parola crociata e un caffè.
Che le canzoni nascono prima come idee, spunti, da esperienze, idee, libri letti, che lei lascia un po’ lì a marinare sui suoi quaderni di appunti, finché non ne viene fuori una canzone.
Racconta anche che a differenza degli altri album, in cui si sente in modo significativo l’impronta dei produttori/arrangiatori/musicisti con i quali aveva scelto di lavorare, per questo album aveva già chiaro in mente il suono che voleva dargli, per cui ha registrato in cucina, con un registratorino e la chitarra, le versioni demo dei pezzi.
Ha impresso alle canzoni che sarebbero diventate “A Creature I Don’t Know” uno stile più completamente proprio, e si sente.
Vengono fuori, più che negli altri album, le ispirazioni e le influenze dei dischi e delle voci che ascoltava da piccola [in particolare nel pezzo che chiude l’album “All my rage”] e gli arrangiamenti sono curati, ma semplici ed efficaci, senza fronzoli.
Insomma il folk non è musica per tutte, qualcuna non ce la fa a resistere per più di due pezzi, questo lo accetto, anche se non lo capirò mai, ma se siete in giro una sera e lei si esibisce da qualche parte lì vicino, non fate la stronzata di perdervela.
Io ve l’ho detto.
p.s. il disco esce per la cooperative music, che è un’associazione di etichette indipendenti britanniche tra cui alcune che ci piacciono molto, come la wichita records, la moshi moshi [, al city slang andate a dare un’occhiata al loro catalogo.
se vi piace assaggiare prima di comprare, accomodatevi pure:
Laura Marling/A creature I don’t know
Posted: Agosto 25th, 2011 | Author: donasonica | Filed under: cool stuff | Tags: anika, css, css la liberacion, donasonica, donne musica, ladyfest 2011, ladyfest roma, lesbian life, live roma, MFLA, radio due moby dick, roma musica femminile, silvia boschero, sisterhood is blooming, ursula rucker she said, vita da lesbica roma, wild flag | Commenti disabilitati su i’m not joking ovvero sembra una barzelleta, ma non lo è
ci stanno un’italiana, un ecuadoregna, una rumena e una indiana tutte che passano per l’ospedale, tutte con un segno sul corpo di una violenza, da parte di qualcuno che crede e pretende di possederle anima e corpo.
tutte nello stesso pomeriggio. tutte in un solo ospedale, moltiplicate per quanti ospedali ci sono a Roma, in Italia, nel mondo. dice: ma che voi siete quelle del servizio pe’ le donne? dice: scusi signo’ ma che significa sportello donna?
dice: ah ma come nun se sa se rimanete aperte, ma come nun ve rinnovano?ma nun vedono quanta gente ariva?
questa sì che sembra una barzelletta.
back to music: il nuovo delle CSS, controverso nelle critiche, in realtà ascoltato solo una volta, per cui non saprei dirvi. sharo con voi, che mi direte, e magari mi riservo di parlarne in seguito.
era uscito poco tempo fa l’ultimo di Ursula Rucker, voi sapete la mia adorazione incondizionata a questa potente e unica artista. l’album si chiama “She said” è stato registrato in un modo completamente diverso dai precedenti lavori di Ursula; si tratta infatti di uno studio live session, ossia un nutrito gruppetto di musicisti si chiude in uno splendido studio di registrazione e andando avanti prevalentemente improvvisando registrano dei pezzi che poi magari limano un po’, ma che rimangono comunque dei live take, ossia si suona tutti insieme e se viene bene viene bene.
Il disco ovviamente suona meno studiato, meno hip hop degli altri: c’è reagge, c’è jazz, c’è più spazio per le parole di Ursula secondo me, è questo è un bene.
Ma nel complesso non lo ritengo un disco perfettamente riuscito, come se mancasse uno spunto, musicalmente parlando, di genialità. ovviamente i poemi di ursula spaccano il culo ai passeri come sempre.
Sto ascoltando inoltre Anika, che prima faceva la giornalista politica tra berlino e bristol. è uno di quei lavori piuttosto veloci, che vengono fuori quando c’è chimica tra due personaggi [in questo caso anika stessa e Geoff Barrow, chi quello dei portishead? sì sì proprio lui]. No, non hanno campionato Nico. Ho bisogno di altri ascolti. Ma a pelle mi piace.
E infine, la mia adorata Carrie Brownstein che sta facendo davvero sul serio con le sue wild flag, l’album non è ancora uscito, personalmente non vedo l’ora, ecco un’anticipazione:
wild flag
qui il link per downloadare l’album She Said/Ursula Rucker
qui quello per i CSS/La liberacion
qui per Anika/Anika
ah dimenticavo, c’è questa signorina qui [che risponde al nome di Silvia Boschero] che fa questo programma qui [ossia Moby Dick, su radio due].
tag: superkool/musica bella/gente che ne capisce/che si appassiona/poi non dite che non ve l’avevo detto