laura marling: new album review ovvero nata vecchia
Posted: Settembre 9th, 2011 | Author: donasonica | Filed under: new release | Tags: a creature i don't know, album review, city slang, cooperative music, female artist, folk inglese, laura marling, moshi moshi, musiciste inglesi, uk female artist, wichita records | 2 Comments »l’uscita del quarto album di Laura Marling [spesso i primi EP autoprodotti non si considerano tali, ma su onewomanshow non solo sono tali, ma pure fondamentali. Questo ve lo dico perché in giro troverete scritto 3 album] ha portato come si dice in gergo, alla ribalta del grande pubblico (puah!) la giovane cantautrice inglese.
Quest’anno, beata lei, compie 21 ed ha già un bel po’ di lavori all’attivo, tour in giro per il mondo, premi e critiche meravigliose fin da i suoi esordi.
Io personalmente, rimasi a suo tempo fulminata dal pezzo e poi dal video “night terror”, appunto contenuto nel primo EP autoprodotto da Laura, uscito nel 2007.
Si sa gli inglesi sono molto attenti alle loro piccole presunte perle [a volte esagerando e sfondandoci i timpani con band davvero oscene e inutili], ma nel caso di Laura di vera perla si tratta.
Prevalentemente, secondo me, per i seguenti motivi:
1) E’ giovane da fare schifo, il che non significa incertezza o immaturità nel suo caso, quanto piuttosto strafottenza e audacia.
2) E’ timida e umile che non guasta mai [che certi se la tirano che non hanno manco ancora prodotto un demo ascoltabile].
3) Ha talento, una voce intima, roca quanto basta, morbida quando serve, antica quasi.
Come quella di una nata già vecchia, se capite cosa intendo.
Nelle varie recensioni che trovate in giro [wiki compreso] viene paragonata a Regina Spektor o Lily Allen o Marta Wainwright: ecco secondo me non ha niente a che vedere ne vocalmente ne stilisticamente con queste altre artiste, piuttosto fa pensare ad una come Joni Mitchell [che potrebbe essere tranquillamente sua nonna].
4) Con gli anni e gli album sta migliorando, non perde colpi, non si perde in cerca di una presunta originalità o di uno stile più proprio, sembra abbia già chiaro in mente cosa vuole dire e come dirlo.
Abbastanza da comprarsi la discografia a prescindere, secondo me.
Laura racconta al Guardian che il nuovo album ha cominciato a pensarlo una volta finito il tour di “I speak because I can”, mentre si riposava, tra una parola crociata e un caffè.
Che le canzoni nascono prima come idee, spunti, da esperienze, idee, libri letti, che lei lascia un po’ lì a marinare sui suoi quaderni di appunti, finché non ne viene fuori una canzone.
Racconta anche che a differenza degli altri album, in cui si sente in modo significativo l’impronta dei produttori/arrangiatori/musicisti con i quali aveva scelto di lavorare, per questo album aveva già chiaro in mente il suono che voleva dargli, per cui ha registrato in cucina, con un registratorino e la chitarra, le versioni demo dei pezzi.
Ha impresso alle canzoni che sarebbero diventate “A Creature I Don’t Know” uno stile più completamente proprio, e si sente.
Vengono fuori, più che negli altri album, le ispirazioni e le influenze dei dischi e delle voci che ascoltava da piccola [in particolare nel pezzo che chiude l’album “All my rage”] e gli arrangiamenti sono curati, ma semplici ed efficaci, senza fronzoli.
Insomma il folk non è musica per tutte, qualcuna non ce la fa a resistere per più di due pezzi, questo lo accetto, anche se non lo capirò mai, ma se siete in giro una sera e lei si esibisce da qualche parte lì vicino, non fate la stronzata di perdervela.
Io ve l’ho detto.
p.s. il disco esce per la cooperative music, che è un’associazione di etichette indipendenti britanniche tra cui alcune che ci piacciono molto, come la wichita records, la moshi moshi [, al city slang andate a dare un’occhiata al loro catalogo.
se vi piace assaggiare prima di comprare, accomodatevi pure:
Laura Marling/A creature I don’t know