gone home ovvero riot grrrls in un videogame
Posted: Luglio 21st, 2015 | Author: donasonica | Filed under: cool stuff | Tags: bratmobile, gone home, heavens to betsy, Karla Zimonja, sexist games, the youngins, videogames | Commenti disabilitati su gone home ovvero riot grrrls in un videogame
Grazie all’intervento soprannaturale della regina zabo, mi è arrivato un po’ di tempo fa questo bellissimo videogioco o video storia, o narrazione interattiva, che da il titolo a questo post “Gone Home“.
L’ho riaperto e finito ieri sera, ragion per cui eccomi a condividere e invogliarvi a cercarlo e giocarci.
Prima di tutto sappiate che non dovete essere delle esperte di video giochi per farlo: la storia e l’interazione è pensata per persone che non hanno alcuna esperienza e anzi potrebbe essere il modo migliore per avvicinarvi a questo mondo affascinante e pieno di attrattive.
[giuro sulla pizza margherita: no spoilers]
Il gioco vi fa entrare (con modalità di interazione in prima persona) nella vita di Kaitlin, appena rientrata da un lungo viaggio in Europa alla casa di famiglia a Portland (la Fullbright, che lo ha creato, ha sede lì, come tutte le cose fighe al momento!), casa che ritrova vuota di tutti i suoi familiari e che vi ritroverete ad esplorare attraverso di lei, raccogliendo tutte le informazioni necessarie per capire cosa è accaduto e chiudere appunto la storia.
Ed è questa la parte bella: l’esplorazione, durante la quale troverete tantissimi riferimenti alla cultura delle riot grrrls, e del punk rock, visto che siamo a Portland, nel 1995, disseminati in ogni angolo della casa.
Ci sono zines, cassette (che potete ascoltare mettendole su voi stesse) riviste musicali di quel periodo che potete trovare nel vostro girovagare e guardare da vicino. Tutte realmente uscite in quegli anni.
Non potete immaginare la commozione che ho provato quando ho ritrovato la cassetta delle Heavens to Betsy, che io avevo davvero negli anni ’90, e ho messo su Terrorist. Lacrime.
E poi c’è la storia che andrete a ricostruire e che ha come principale protagonista vostra sorella Sam, ma su questa non posso dirvi nulla, giurai sulla pizza margherita, e vi tocca scoprirla da sole.
In rete trovate moltissime informazioni sul gioco, vincitore di numerosi premi, soprattutto quelli dedicati a i giochi indipendenti, e la casa che lo ha creato e prodotto, ma le cose che mi interessa raccontarvi, se non le sapete già, hanno poco a che fare con la società Fullbright, creata da tre menti brillanti e dotate che hanno deciso di prendere casa insieme e farne anche il loro ufficio, anche se mi piace citare una dei tre soci della Fullbright, ossia Karla Zimonja.
Karla è una delle cattive ragazze della scena delle programmatrici e scrittrici di storie per giochi, che tanto fa arrabbiare i puristi, misogini prevalentemente, del settore (che quanto a fondamentalismo e sessismo, ve lo assicuro, non hanno niente da invidiare a nessuno) e che a suo modo sta cercando di cambiare il concetto di videogioco e soprattutto di cambiare i ruoli di genere che tanto affliggono il mondo delle appassionate, come me (sigh) cresciuta tentando di finire Monkey Island a casa del mio fidanzato (unico e solo fidanzato della storia) di allora.
Che io il pc non ce lo avevo ancora.
Karla, come potete capire bene in questa intervista, ha cercato, insieme ai coofondatori Steve Gaynor e Johnnemann Nordhagen, di creare un gioco diverso per molteplici ragioni:
– dare un ruolo diverso ai personaggi femminili delle storie dei giochi
– creare un gioco che fosse fruibile da tutt*, anche chi, come accennavo prima, non ha molta esperienza o non ha mai giocato prima (non lo dico perché l’ho letto da qualche parte, ma perché ho costretto la mia compagna, che non ha mai giocato nemmeno agli arcade degli anni ’80 a provarci, ed è stata “una bella esperienza”, dice lei)
– parlare di temi di cui di solito non si parla nei giochi, come l’omosessualità, i problemi adolescenziali, l’accettazione di sé
– ambientare il gioco in quello che forse è stato uno degli ultimi anni in cui la tecnologia non aveva ancora preso il sopravvento nelle nostre vite, e i riferimenti analogici sono ancora credibili e godibili.
– il gioco, non ha come utente target il giocatore bianco, maschio adolescente (o adolescenziale), come normalmente vengono concepiti la quasi totalità di essi, ma una giovane donna, e due teenager, di cui una originaria del Messico.
Il gioco è stato molto ben accolto dalla critica, ma anche redarguito perché secondo alcuni non si può considerare un vero e proprio videogioco: non ci sono puzzles, ostacoli, combattimenti, mostri.
E allora che facciamo?
Impariamo ad esplorare e ad “ascoltare” una storia, a interagire con gli elementi di un gioco, e ad empatizzare con i personaggi che fanno parte della storia, tutte cose che sono una novità nei videogiochi, dove invece tutto è costruito per sfidare le abilità, in genere manuali, della giocatrice, ma niente della storia è veramente interessante o significativo a livello personale.
Sicuramente non è una gioco tradizionale, ma, e ve lo dico da appassionata di sparatutto (wolfenstein, doom, quake) e adventures (il già citato monkey, broken sword) vi piacerà proprio perché è un’esperienza davvero originale.
E potete finirlo in un paio di ore, quindi una di queste sere, anziché spararvi la vostra serie del momento, se avete 19 dollari da spendere, scaricatelo qui.
Nel pacchetto sono compresi anche 4 album nel formato digitale che preferite, ossia Bratmobile/Pottymouth + Heavens to Betsy/Calculated + la colonna sonora originale composta + The Youngins/The Youngins are hardcore, una band punk rock di Portland, la cui musica è diventata, nel gioco, quella della band inventata delle Girlscout.
A proposito di videogames e del modo in cui le donne vengono presentate, percepite e usate nelle storie, vi consiglio caldamente il lavoro fatto da Anita Sarkeesian nel suo videocast feminist frequency, in particolare il video dedicato alle “damigelle in pericolo”, che potete guardare qui.
Intanto un assaggino musicale non si nega a nessun*
testo (e se non è potente questo, non saprei):
you follow me on the fucking street
you make me feel like a piece of meat
you think i don’t know what war means
now i’m the terrorist see how it feels
i’m going to kill you
i’ll cut you up gouge out your eyes
i’m going to kill you
i’m not your prey i’ll make you die
on my mouth there is a gag
everything i say is wrong
you laugh at me and knock me down
now your turn is coming around
i’m going to kill you
i’ll cut you up gouge out your eyes
i’m going to kill you
i’m not your prey i’ll make you die
i’m not kidding
and i’ve had it just about to here
and i’m not kidding
i threaten everything you hold dear
you follow me on the fucking street
you make me feel like a piece of meat
you think i don’t know what war means
now i’m the terrorist see how it feels
i’m going to kill you
i’ll cut you up gouge out your eyes
i’m going to kill you
i’m not your prey i’ll make you die